Waterfall Management VS Agile Management

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Mi sono incuriosita di recente a questo approccio manageriale riscontrando grandi richieste nel mondo dell’on Line in continua espansione e soprattutto crescita economica, tanto da convincermi di una certa correlazione tra approccio manageriale Agile e crescita finanziaria.

Ho letto tanto a riguardo e francamente vedo delle grandi opportunità nell’utilizzo di questo approccio anche nel retail fisico in Italia… perché se penso all’approccio USA, onestly, vedo già delle implementazioni non poco diffuse (come sempre noi siamo un po’ indietro)!

Ma prima cerchiamo di capire di cosa si tratta… (#pipponetime)

Nato negli anni 2000 questo approccio è originariamente pensato per lo sviluppo di software, basato sulla distribuzione continua di varie versioni di esso, creati in modo rapido e interattivo. Un approccio fortemente dinamico che presto si è fatto strada nel Project management fino ad arrivare a essere oggetto di studi di vari corsi e master in Project Management presenti sul mercato.

Alla base di questo approccio vi è un Manifesto per lo sviluppo Agile del software, al suo interno sono 4 gli aspetti chiave a cui il team agile deve dare priorità:

  • Individui e interazioni rispetto a processi e strumenti
  • Un software efficiente rispetto ad una documentazione esaustiva
  • La collaborazione col cliente rispetto alla negoziazione dei contratti
  • La preparazione ad affrontare il cambiamento rispetto all’esecuzione di un piano

L’approccio agile al lavoro è nato per far fronte ai limiti del Metodo a Cascata (che invece trova le sue origini nei primi del 900 con la catena di montaggio di Henry Ford) basato su una metodologia rigida dove per arrivare ad un obbiettivo/prodotto finale si passa per una serie di fasi tutte a sé stanti e distinte tra loro, dove il completamento della precedente segna l’inizio della successiva senza possibilità di interazione tra di esse. Le problematiche di base di questo approccio che hanno portato allo sviluppo del metodo Agile si riscontrano fortemente negli anni ’90 in cui le esigenze delle aziende, in continuo e rapido mutamento dato dal progresso tecnologico, rendevano spesso necessario l’abbandono di progetti prima ancora che questi ultimi fossero ultimati e l’obbiettivo fosse raggiunto (in quanto diventato nel frattempo obsoleto e non più centrale per il business) con un conseguente forte spreco di risorse e energie.

L’approccio Agile invece prevede un’organizzazione più interattiva progettata per ottimizzare flessibilità, creatività e produttività.

Il più famoso framework Agile è Scrum ideale per la gestione di progetti in contesti dove è difficile avere una pianificazione in anticipo. Scrum prevede un team molto dinamico e poco numeroso in continua interazione e confronto tra esso; un team auto-organizzato che in totale autonomia decide come organizzare il lavoro, al cui interno sono presenti tutte le risorse e competenze necessarie per portare a termine l’obbiettivo. Lo scopo è lavorare in interazione costante, anche con il cliente finale, con una forte propensione al cambiamento work in progress per produrre più versioni embrionali di uno stesso progetto in minor tempo.

Tutto ciò crea il grande vantaggio di ottenere ad ogni Sprint (fase di lavorazione della durata stabilita al termine del quale viene consegnata una versione potenzialmente completa e funzionante del prodotto) sempre nuovi feedback aggiornati per la creazione di una versione migliorata.

Ma ora passiamo a noi… vi viene in mente in quali occasioni questo approccio al lavoro possa essere utile nella gestione di progetti retail???

A me si e francamente in maniera importante!

Pensiamo ad un’attività commerciale di promozioni per implementare le vendite: il processo partirebbe dal Brand manager che incaricherebbe il Retail manager di analizzare le vendite e capire quale strategia attuare, poi passerebbe al merchandising per capire su quali prodotti si ha maggiore margine per sostenere degli sconti, così passerebbe al marketing per implementare le strategie di comunicazione e al visual per pianificare l’esposizione migliore, infine arriverebbe al negozio il prodotto finito: una certa attività promozionale, in un determinato momento, che coinvolge determinati prodotti con determinate strategie di comunicazione e di esposizione.

Ora vi chiedo: quante volte è capitato di avere in negozio iniziative promozionali fantastiche ma al momento sbagliato? Quante volte iniziative fantastiche ma non ben comunicate e quindi visibili e attrattive per il cliente? Quante volte iniziative promozionali fantastiche ma su prodotti totalmente sbagliati e poco appetibili per ragioni di stock, stagionalità, piazza o altro?

Certo a volte non è sempre possibile coniugate tutti i processi, ma la maggior parte delle volte con un piccolo accorgimento o una piccola modifica si riuscirebbe ad ottenere risultati nettamente migliori ad un costo inferiore e in minor tempo. Pensiamo ad attività visual geniali non praticabili perché non presente uno stock sufficiente, vetrine stupende ma allestite su piazze o vie non ricettive al prodotto; sconti e promozioni vincenti ma lanciati in momenti stagionali sbagliati perché sovrapposti ad altre attività o ad eventi non affini o ancora per la presenza dello stesso prodotto su piazza in competitors più aggressivi nelle politiche comunicative o di prezzo.

Insomma i casi sono davvero molteplici e i più vari.

Certo stiamo parlando di un settore fondato e basato su procedure, regole, gerarchia e compartimenti stagna… gestione a cascata appunto, utile ed efficace sulla pianificazione a lungo periodo ma nettamente inefficace quando si tratta di progetti a medio e breve termine, tipici del retail quotidiano. Pensando al nostro esempio quanto sarebbe stata più efficace quella iniziativa promozionale se le varie decisioni degli uffici coinvolti fossero state prese ad un tavolo comune, con un meeting iniziale? Con attività condivise e ben definite per ogni dipartimento, con la possibilità di modificare il progetto con rapidità e in maniera autonoma.

Spesso infatti accade che molte delle decisioni prese siano poi rivalutate inefficaci a posteriori dopo essere state implementate, solo grazie al senno di poi, ad un feedback del cliente finale (lo store) arrivato a progetto ultimato e quindi non più modificabile.

Ancora, se riflettiamo sul lavoro manageriale, pensiamo ad un determinato report da preparare: imposti il lay out, la scaletta, i temi da trattare, reperisci le informazioni, il materiale tecnico e fotografico, imposti analisi, deduzioni e conclusioni. A lavoro ultimato lo sottoponi al board che magari revisiona la totalità del progetto sia nei temi che nella scaletta… di fatto ti ritrovi a dover cestinare un lavoro ultimato e perfezionato per generarne uno interamente nuovo, processo che sarebbe stato molto più snello ed efficiente se ci fossero stati dei meeting intermedi con la presentazione di una bozza ultimata ma ancora modificabile nella sua interezza.

Sembra facile a dirsi. Risparmi tempo, fatica e ottieni risultati più efficaci e reattivi. Ma allora perché questo metodo non viene minimamente utilizzato nel retail italiano d’oggi?

La verità è che esistono dei professionisti nel panorama italiano affini a questo metodo, innovativi per il loro settore, preparati pronti al cambiamento e inclini all’apprendimento e alla scoperta; manager sicuri delle loro competenze e preparazione che non sono avari di condividere obbiettivi e strategie aziendali, che ambiscono alla crescita dei propri collaboratori e di loro stessi, in un approccio di confronto costante. Contemporaneamente tuttavia siamo over staffati (per fare un po’ di ironia) di figure manageriali di alto livello con una mentalità un po’ arcaica, figure nate e cresciute solitamente a fine anni 90, nel pieno del boom del retail, quando non erano necessarie grandi competenze specifiche o skills specializzanti, che si sono fatti sul campo in un mondo del retail che tuttavia ha poco a che vedere con quello d’oggi per complessità, dinamiche, strategie e managerialità. Manager di alto livello che oggi ricoprono ruoli elevatissimi anche in aziende importanti, solo grazie alla loro esperienza, intesa come anni nel settore e non skills.

Ma il problema vero di questa mentalità non è tanto essa in se, che potrebbe facilmente essere migliorata, ma la grande paura che questi manager hanno di essere scovati, la loro totale e presuntuosa, a mio avviso, incapacità di vedere il mondo che cambia, di riconoscere il loro limiti e di volersi migliorare con un briciolo di umiltà, rende di fatto impossibile la loro crescita, il loro miglioramento professionale. Il vero problema, mi disturba ammettere, è la superbia che nasce dalla convinzione di essere perfetti, iper competenti e preparati, senza avere nulla che possa attestare queste capacità, se non le storie di attività svolte 20 anni fa e le infinite lacune e mancanze nel contesto del retail oggi. Voi direte: come fanno le aziende a permettere tutto ciò? Semplice: gli incompetenti si circondano di incompetenti che non possano far emergere le loro lacune e farli contemporaneamente sentire dei grandi professionisti.

In conclusione l’effetto Dunning-Kruger esiste e non a caso viene approfondito nel 1999 anche se grandi nomi prima di loro avevano capito tale piaga dell’umanità:

Charles Darwin – “l’ignoranza genera fiducia più spesso della conoscenza”

Bertrand Russel – “Una delle cose più dolorose del nostro tempo è che coloro che hanno certezze sono stupidi, mentre quelli con immaginazione e comprensione sono pieni di dubbi e di indecisioni”

Shakespeare – “Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio”

Fin quando non cambieremo la mentalità non cambieranno i risultati, fin quando non ci prenderemo carico di questa enorme esigenza del mercato non raccoglieremo i frutti (o meglio i fatturati) che invece ci stiamo perdendo.

Negli USA e nel nord Europa la situazione è ben diversa… perché ogni tanto non guardiamo più in là del nostro naso, sempre senza presunzione please!

Waterfall Management VS Agile Managementultima modifica: 2020-10-20T21:15:49+02:00da irenepi86
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